“Si dice che la giovinezza è l’età della speranza, healing appunto perché in essa si spera confusamente qualcosa dagli altri come da se stessi – non si sa ancora che gli altri appunto sono altri. Si cessa di essere giovani quando si distingue tra sé e gli altri, quando cioè non si ha più bisogno della loro compagnia.” (Cesare Pavese)
“La giovinezza sarebbe un periodo più bello se solo arrivasse un po’ più tardi nella vita.” (Charlie Chaplin)
ATTUALIZZANDO…
Mica l’ho capito tanto bene, che cosa sia la nostalgia. A volte è un cioccolatino delizioso, che si scioglie in bocca e ti rincuora, portando dolcezza e sollievo. Il bacio di buonanotte della mamma, non a caso Proust gli dedicò non so più quante pagine della Recherche. Mio padre, quando avevo 5 anni, tornava ogni tanto dal lavoro, d’estate, e riusciva a sottrarre dal suo umile stipendio i soldi per un’anguria, era una felicità vederlo salire con quel peso lungo la stradina che portava alla nostra casa di Bogliasco. E così via. Il primo bacio, la prima esperienza sessuale, il primo articolo – firmato – pubblicato su un giornale. O anche la prima magnolia, albero per cui ho nutrito una passione quasi carnale, nella mia casa di campagna. Oppure il 9, punto vincente a chemin de fer, sbattuto in faccia ad avversari supponenti, al tavolo da gioco. Le tante dimostrazioni di amicizia di Andrea, sempre vicino nella mia vita di adulto infantile.
Però il cioccolatino della nostalgia può essere avvelenato, scendere nello stomaco e farti male come un roditore infido, che ti morda e viva del tuo sangue. Sono stato amato, riamato, da due donne straordinarie, e non ho saputo mantenere e coltivare il loro sentimento. Le ho perdute. Nei ricordi, la dolcezza del cioccolatino si trasforma in un veleno che purtroppo non uccide, ma ti tormenta ogni giorno.
GRASSO, I GEMELLI DELL’UTRI, LA MAGNIFICA SQUADRA BACIGALUPO
Nei ricordi, i più soavi e confortanti sono quelli legati al gioco del calcio e ai sogni che, giocando, nutrivamo. Io sognavo di diventare come il centravanti svedese di sfondamento, Gunnar Nordhal. Poi, nelle squadrette studentesche e dilettanti, ebbi un’evoluzione, mi assestai a centrocampo e i miei idoli erano Boniperti, interno offensivo, e Liedholm, regista razionale. Credo che siano ricordi nostalgici comuni per milioni di giovani italiani. E l’altro giorno, con amici, si rievocava la splendida stagione della Bacigalupo, squadra dilettantistica di Palermo negli anni ’50. Fu fondata da Beppe Dell’Utri, fratello maggiore dei gemelli Marcello e Alberto. Era un buon terzino e dedicò il nome della squadra al leggendario portiere del Torino, Bacigalupo, perito, con tutti i suoi compagni, nella tragedia di Superga nel 1949. Dopo qualche anno i due gemelli volevano fondare un’altra squadra e presero quel che restava della Bacigalupo: il nome e le tessere dei giovani giocatori. Bastò staccare le vecchie fotografie e sostituirle con quelle dei nuovi ragazzi.
Alberto era centravanti, bravo, ma preso in giro per la sua mania di dribblare gli avversari, Marcello era portiere, ma qualche volta non giocava perché c’erano portieri più alti di lui. La squadra era composta per lo più dalla jeunesse doreé palermitana, ma c’erano anche rinforzi presi da quartieri popolari, per il semplice motivo che erano più bravi di quelli dei quartieri alti. Come lo stopper Giugno, perno della difesa, aitante meccanico, che spronava la squadra gridando: “Picciotti, sviluppamo, sviluppamo…”. Quasi tutti provenivano da due scuole cattoliche, i salesiani del Don Bosco e i gesuiti del Gonzaga.
C’era Pietro Grasso, oggi Presidente del Senato, che usciva dal campo senza neanche un segno dell’erba o del fango, tanto era misurato, e snob, nel comportarsi stilisticamente come un campione. C’era il futuro senatore Carlo Vizzini, i figli del primo Presidente della Regione Giuseppe Alessi e anche dell’ex ministro democristiano Restivo. Marcello Dell’Utri mostrava fin da allora la sua capacità di organizzatore, come in seguito successe quando, da leader di Publitalia, mise insieme capillarmente in tutta Italia il partito per Berlusconi, nel ’94. Poi c’era anche Zdenek Zeman, nipote di Cesto Vycpalek: centrocampista, classicheggiante. Zeman ricorda che i dell’Utri avevano l’ascensore dentro casa, “Faceva effetto”. Secondo la magistratura sarebbero nate allora, tra ragazzi, alcune amicizie con personaggi in seguito attribuiti alla mafia. Come Gaetano Cinà, padre di un compagno di gioco di Marcello, che Cinà disse di considerare come un figlio. Ricordi simili furono attribuiti a Vittorio Mangano, assunto poi come stalliere da Berlusconi. Nella Bacigalupo giocavano Edoardo Governale attualmente Presidente del Fiat Center palermitano, il futuro rettore dell’università di Catania, Fernando Latteri. I campi erano prima all’Arenella e poi a Resuttana, le maglie di colori bianco e rosso. C’era anche Pietro Calabrese, oggi scomparso, grande giornalista, direttore del Messaggero e di tante altre testate, e anche i figli del principe Lanza di Scalea.
Nel 2007 si è festeggiato il cinquantenario della fondazione dell’incredibile Club. C’è chi ricorda che la squadra vinceva quasi sempre e quasi dovunque, anche in campetti con tifoserie pericolosissime, come quella di un certo “Zu Pè”, nel quartiere Sette Cannoli. “Si rischiavano mazzate, se non addirittura il linciaggio”, ricorda Alberto Dell’Utri “se appena vincevamo con un risultato discutibile. Al fischio finale correvamo a rinchiuderci nell’autobus senza passare neanche dagli spogliatoi e dalle docce rituali. Una volta un energumeno della squadra avversaria diede un cazzotto all’arbitro, provocando che il poveretto ingoiasse il fischietto.” Il massimo risultato ottenuto dalla Bacigalupo fu la Promozione, ovvero l’ultima serie dilettantistica prima della C2. Erano tutti o quasi ragazzi belli, ricchi e vincenti, gli unici a esibirsi in tuta, con gagliardetti e distintivi. Non avevano alcun compenso. Una volta, molti anni dopo, la Bacigalupo si batté con la squadra primavera della Juventus della Roma e della Edilnord, il club dilettantistico dell’allora rampante Silvio Berlusconi. E si racconta, o si favoleggia, che i picciotti batterono sia la Juve sia la Edilnord, con grande dispiacere del futuro premier.
Tra i più promettenti, c’era Alberto Dell’Utri, che addirittura fu cooptato nella prima squadra del Palermo, allenata da Vycpalek. “Quell’allenatore arrivò a dirigere la Juventus, ma secondo me non capiva granché. Una volta mi sgridò: ti sembra il modo di calciare il pallone? Era infuriato ma non mi disse come si doveva calciare. Peraltro frequentavo poco gli allenamenti, fui richiamato e ammonito, un dirigente m’intimò: “vuoi fare il calciatore o l’ingegnere?” Neanche gli risposi, ma smisi di giocare.”
COMUNICATORI/ E FABRIZIO TURCHET E’ IL PRIMO ITALIANO…
…ad assumere la prestigiosa carica di presidente del consiglio di amministrazione di Jacuzzi Europe Spa. L’incarico era ricoperto precedentemente da Tom Koos. Turchet era già amministratore delegato della società. Complimenti!
23-07-2013
*”Elogio del gioco d’azzardo” di Cesare Lanza, editore L’Attimo fuggente, Euro 22. La prima edizione ha avuto una tiratura limitata a opinion leaders e agli addetti ai lavori. Non è, al momento, distribuita in libreria. Chi desiderasse prenotare una copia (fino a esaurimento o per le successive edizioni) può scrivere a info@luce2007.it.